Jazpèmi 2022 Barbacan

Valgella Jazpémi 2022 – Valtellina Superiore DOCG – Barbacan

Overview

Il Valgella Jazpémi 2022 di Barbacan è un Valtellina Superiore DOCG di profonda identità territoriale, nato da vecchie vigne esposte a sud-est tra i 470 e i 520 metri di altitudine. È un vino che parla il linguaggio delle montagne e della tradizione, frutto di una viticoltura eroica e rispettosa. “Jazpémi”, che in dialetto valtellinese significa lasciami andare, è un invito a scoprire la libertà e la spontaneità che animano questo Nebbiolo alpino. Complesso, succoso e autentico, rappresenta l’anima più sincera della sottozona Valgella, dove Barbacan continua a custodire la memoria del territorio.

Storia del vino

Il “Jazpémi” nasce dalle vigne storiche che Angelo, Luca e Matteo Sega curano da generazioni a San Giacomo di Teglio, cuore pulsante della Valgella. Questi vigneti antichi, allevati su terrazzamenti in pietra secolare, sono testimoni di un’agricoltura che sfida le pendenze e il tempo. L’annata 2022, generosa e luminosa, ha regalato grappoli di Chiavennasca (Nebbiolo) di rara intensità aromatica e struttura equilibrata. Il nome “Jazpémi” incarna lo spirito libero della cantina: lasciare che il vino segua la propria strada, senza imposizioni, senza artifici, come un racconto che si scrive da sé.

Filosofia in vigna

In vigna, Barbacan segue i principi della viticoltura naturale e contadina, rispettando la biodiversità e la vitalità del suolo. Le viti di Chiavennasca, alcune ultracinquantenni, affondano le radici nella roccia e respirano la brezza delle Alpi. I terreni, poveri e drenanti, costringono la pianta a una lotta continua, premiata da uve concentrate e cariche di energia. La gestione è interamente manuale, senza diserbanti o fertilizzanti di sintesi, e ogni intervento nasce dall’osservazione dei ritmi naturali. È qui che la tradizione valtellinese trova nuova vita, in un equilibrio perfetto tra uomo e montagna.

Approccio in cantina

Il Valgella Jazpémi 2022 è vinificato in modo essenziale e rispettoso, secondo la filosofia che da sempre distingue Barbacan. Le fermentazioni sono spontanee, avviate solo dai lieviti indigeni, e la maturazione avviene in grandi botti di rovere per circa dodici mesi. Nessuna chiarifica, nessuna filtrazione: il vino rimane vivo, puro, in costante evoluzione. Questo approccio permette di preservare l’identità del frutto e la voce del territorio, restituendo un Nebbiolo profondo, sapido e armonioso, che racconta ogni sfumatura della sua terra d’origine.

Note di degustazione

Colore: rosso granato intenso con riflessi rubino chiaro, luminoso e trasparente.
Olfatto: il profumo è complesso e sottile, con sentori di ciliegia matura, petali di rosa, erbe di montagna e leggere note terrose.
Palato: al gusto è succoso, fine e dinamico, con tannini precisi e una chiusura lunga e minerale, che evoca la purezza del Nebbiolo valtellinese.

Abbinamenti gastronomici

Il “Jazpémi 2022” è un vino estremamente versatile, ideale con formaggi stagionati, selvaggina, brasati e primi piatti ricchi di sapore. Perfetto con la cucina di montagna e i piatti autunnali, si esprime al meglio a temperatura controllata, dove emergono eleganza e complessità. È un rosso per chi ama la sincerità del territorio e la profondità dei vini che nascono in altitudine.

Scheda tecnica

• Denominazione: Valtellina Superiore DOCG – Sottozona Valgella

• Annata: 2022

• Vitigno: 100% Chiavennasca (Nebbiolo)

• Età dei vigneti: fino a 50 anni

• Altitudine: 470–520 m s.l.m.

• Esposizione: sud-est

• Fermentazione: spontanea con lieviti indigeni

• Affinamento: circa 12 mesi in botti grandi di rovere

• Non filtrato, non chiarificato

• Gradazione alcolica: 13,5% vol

• Temperatura di servizio: 16–18°C

• Contiene solfiti

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Barbacan

La storia

Nel cuore della Valtellina, tra i ripidi pendii di San Giacomo di Teglio, nasce Barbacan, una piccola realtà agricola che unisce tradizione, famiglia e territorio. Fondata da Angelo Sega e oggi portata avanti dai figli Luca e Matteo, l’azienda rappresenta l’anima contadina delle Alpi, dove ogni gesto è ancora radicato nel ritmo della natura. Nei suoi sei ettari di vigneti terrazzati, Barbacan coltiva la Chiavennasca, nobile espressione del Nebbiolo valtellinese, insieme ad antichi vitigni autoctoni che raccontano la storia agricola della valle. Ogni vendemmia è un atto di memoria, un dialogo continuo tra passato e presente.

Filosofia in vigna

Barbacan crede in una viticoltura naturale, dove l’uomo non domina la vigna ma la accompagna con rispetto e consapevolezza. L’approccio agronomico si fonda sull’osservazione costante del paesaggio alpino: lo scioglimento delle nevi, la maturazione del fieno nei prati, le sorgenti che affiorano dalla roccia sono segnali che guidano le decisioni in campo. In vigna non si impone, si ascolta. L’obiettivo è preservare la vitalità del suolo e il pluralismo genetico dei vitigni tradizionali, mantenendo intatta l’identità culturale della montagna. Le pratiche manuali, tramandate da generazioni, sostituiscono ogni forma di intervento invasivo.

Approccio in cantina

In cantina Barbacan traduce la spontaneità della natura in vino, senza artifici né manipolazioni. Le uve, raccolte sane e vive, vengono accompagnate attraverso fermentazioni spontanee che rispettano la biodiversità dei lieviti indigeni. Nessun additivo superfluo, nessuna filtrazione aggressiva: solo l’essenza del frutto e del luogo. L’idea è quella di esprimere ogni annata con la sua verità, valorizzando le differenze climatiche e i micro-terroir che caratterizzano le vigne di Teglio. La mano dell’uomo si percepisce, ma come guida discreta, capace di interpretare senza alterare.

L’identità di un popolo alpino

Barbacan è molto più di una cantina: è una dichiarazione d’amore per la montagna e per la cultura viticola valtellinese. Ogni bottiglia racconta il legame tra l’uomo e la sua terra, un equilibrio fragile ma vitale che nasce dall’ascolto e dalla dedizione. I vini di Barbacan sono specchio di un ambiente duro e autentico, dove la fatica quotidiana diventa poesia liquida. In essi vive la memoria di chi ha costruito e curato i muretti a secco, l’eco del vento che attraversa i filari, la luce tersa delle Alpi che disegna il profilo dei grappoli. È qui che la Chiavennasca ritrova la sua voce più sincera e più umana.