Fracia Riserva 2019 Barbacan

Valgella Fracia Riserva 2019 – Valtellina Superiore DOCG – Barbacan

Overview

Il Valgella Fracia Riserva 2019 di Barbacan rappresenta una delle espressioni più profonde e autentiche della Valtellina. Nato da vigne poste tra i 500 e i 560 metri di altitudine, in una delle zone più vocate della sottozona Valgella, questo vino unisce Chiavennasca e Rossola, due varietà storiche che dialogano in perfetta armonia. È un rosso che riflette la voce della montagna: austero e luminoso, complesso e vibrante. L’affinamento di 24 mesi in legno e l’assenza di filtrazioni o chiarifiche restituiscono una materia viva, ricca di energia e autenticità.

Storia del vino

La menzione “Fracia” identifica una delle vigne più emblematiche curate dalla famiglia Sega a San Giacomo di Teglio, luogo dove il Nebbiolo assume sfumature uniche. Qui, le vigne terrazzate affondano le radici in terreni sabbiosi e rocciosi, costantemente accarezzati dal vento delle Alpi. Ogni bottiglia di Fracia nasce dal lavoro paziente di Angelo, Luca e Matteo, interpreti di una viticoltura eroica che non teme la fatica. L’annata 2019, caratterizzata da equilibrio climatico e maturazioni lente, ha regalato uve di straordinaria concentrazione e freschezza. Il risultato è un vino che racconta il tempo e la memoria del suo luogo d’origine.

Filosofia in vigna

La viticoltura naturale di Barbacan trova nella vigna di Fracia la sua più alta espressione. Le pendenze ripide, il suolo povero e la forte escursione termica impongono interventi esclusivamente manuali e un’attenzione costante. L’uomo non impone, accompagna. La Chiavennasca e la Rossola crescono in equilibrio con il paesaggio, sostenute da una biodiversità che nutre le radici e da un microclima che favorisce maturazioni lente. Ogni dettaglio – la cura dei muretti a secco, la gestione delle erbe spontanee, l’osservazione dei ritmi naturali – contribuisce a creare un vino che è il riflesso più sincero del suo ambiente.

Approccio in cantina

La vinificazione del Valgella Fracia Riserva 2019 segue lo stile puro e artigianale di Barbacan. Le lunghe macerazioni sulle bucce consentono di estrarre complessità e profondità senza sacrificare eleganza. La fermentazione avviene spontaneamente con lieviti indigeni, mentre l’affinamento di 24 mesi in botti grandi di rovere accompagna il vino verso equilibrio e armonia. Nessuna chiarifica, nessuna filtrazione: soltanto il tempo e la materia. Così nasce un rosso che esprime la trama sottile del Nebbiolo alpino e la forza silenziosa delle sue radici.

Note di degustazione

Colore: rosso granato intenso, limpido e luminoso.
Olfatto: profondo e raffinato, con note di frutti rossi maturi, erbe alpine, spezie dolci e tocchi minerali.
Palato: avvolgente, teso e vibrante, con tannini fitti ma vellutati, equilibrio perfetto tra freschezza e calore, e un finale lungo e sapido che evoca la pietra e il vento.

Abbinamenti gastronomici

Il “Fracia Riserva 2019” è un vino di grande personalità, ideale per accompagnare brasati, selvaggina, capriolo e formaggi stagionati di montagna. Si esprime magnificamente anche con piatti ricchi a base di funghi o risotti cremosi. È un rosso da meditazione e da tavola, capace di emozionare chi ama la profondità autentica dei vini di montagna.

Scheda tecnica

• Denominazione: Valtellina Superiore DOCG – Sottozona Valgella

• Annata: 2019

• Tipologia: Rosso Riserva

• Vitigni: Chiavennasca (Nebbiolo) e Rossola

• Altitudine: 500–560 m s.l.m.

• Fermentazione: spontanea con lieviti indigeni

• Macerazione: lunga, sulle bucce

• Affinamento: 24 mesi in botti grandi di rovere

• Non filtrato, non chiarificato

• Gradazione alcolica: 13,5% vol

• Temperatura di servizio: 16–18°C

• Contiene solfiti

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Barbacan

La storia

Nel cuore della Valtellina, tra i ripidi pendii di San Giacomo di Teglio, nasce Barbacan, una piccola realtà agricola che unisce tradizione, famiglia e territorio. Fondata da Angelo Sega e oggi portata avanti dai figli Luca e Matteo, l’azienda rappresenta l’anima contadina delle Alpi, dove ogni gesto è ancora radicato nel ritmo della natura. Nei suoi sei ettari di vigneti terrazzati, Barbacan coltiva la Chiavennasca, nobile espressione del Nebbiolo valtellinese, insieme ad antichi vitigni autoctoni che raccontano la storia agricola della valle. Ogni vendemmia è un atto di memoria, un dialogo continuo tra passato e presente.

Filosofia in vigna

Barbacan crede in una viticoltura naturale, dove l’uomo non domina la vigna ma la accompagna con rispetto e consapevolezza. L’approccio agronomico si fonda sull’osservazione costante del paesaggio alpino: lo scioglimento delle nevi, la maturazione del fieno nei prati, le sorgenti che affiorano dalla roccia sono segnali che guidano le decisioni in campo. In vigna non si impone, si ascolta. L’obiettivo è preservare la vitalità del suolo e il pluralismo genetico dei vitigni tradizionali, mantenendo intatta l’identità culturale della montagna. Le pratiche manuali, tramandate da generazioni, sostituiscono ogni forma di intervento invasivo.

Approccio in cantina

In cantina Barbacan traduce la spontaneità della natura in vino, senza artifici né manipolazioni. Le uve, raccolte sane e vive, vengono accompagnate attraverso fermentazioni spontanee che rispettano la biodiversità dei lieviti indigeni. Nessun additivo superfluo, nessuna filtrazione aggressiva: solo l’essenza del frutto e del luogo. L’idea è quella di esprimere ogni annata con la sua verità, valorizzando le differenze climatiche e i micro-terroir che caratterizzano le vigne di Teglio. La mano dell’uomo si percepisce, ma come guida discreta, capace di interpretare senza alterare.

L’identità di un popolo alpino

Barbacan è molto più di una cantina: è una dichiarazione d’amore per la montagna e per la cultura viticola valtellinese. Ogni bottiglia racconta il legame tra l’uomo e la sua terra, un equilibrio fragile ma vitale che nasce dall’ascolto e dalla dedizione. I vini di Barbacan sono specchio di un ambiente duro e autentico, dove la fatica quotidiana diventa poesia liquida. In essi vive la memoria di chi ha costruito e curato i muretti a secco, l’eco del vento che attraversa i filari, la luce tersa delle Alpi che disegna il profilo dei grappoli. È qui che la Chiavennasca ritrova la sua voce più sincera e più umana.